Pd e Repubblica eredi di Pnf e Popolo d’Italia

l quotidiano La Repubblica e diversi esponenti del Partito Democratico da quando è nato il governo Meloni additano l’attuale maggioranza a qualcosa di associabile al fascismo. Nessuno di loro dice che Giorgia Meloni ha istituito o sta per istituire un regime fascista, ma si fa della retorica dell’antifascismo, con la consapevolezza che il carattere afascista della premier e di tanti suoi fedelissimi non permetterà loro di dichiararsi apertamente antifascisti. Ogni sparata provocatoria di qualche esponente della maggioranza si rivela un’occasione per i giornalisti di Repubblica o per gli esponenti dem di gridare al fascismo.

Parlare tanto di antifascismo rafforza, se non il fascismo, l’afascismo. Quando esponenti di un solo partito (più i suoi piccoli cespugli) e di un giornale di area si presentano come baluardo di un determinato valore, in questo caso l’antifascismo, fanno in modo che tutti coloro che non la pensano come loro NON si sentano antifascisti. Chi non ha gli strumenti storici per valutare cosa significhi essere antifascisti si ritrova così in un ambiente che non si dichiara in aperta antitesi al fascismo e quindi è circoscrivibile a gruppi che si dichiarano afascisti o addirittura fascisti.

Repubblica e Pd sono quindi ottimi sponsor delle peggiori destre. Basta leggere i commenti che riceve il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi sui suoi profili social. Questo pennivendolo tiene viva la fiamma del fascismo, grazie alla quale pubblica libercoli, presentandosi come un martire dell’antifascismo. Vede il fascismo ovunque, mentre i progetti di limitazione della democrazia che Benito Mussolini mise in pratica e che la P2 provò ad attuare, sono stati riproposti nel corso degli ultimi anni dai governi a guida Pd (Matteo Renzi su tutti). Oggi Meloni prosegue il lavoro lasciato a metà dal senatore di Rignano, che all’epoca era incensato sulle pagine di Repubblica.

Ai Berizzi si aggiungono gli influencer di area, che spesso accentrano su di loro la polemica, grazie ad affermazioni ad effetto. È il caso di Roberto Saviano Michela Murgia, già ben smascherati dallo scrittore Walter Siti nel suo pamphlet “Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura” (Rizzoli). In occasione della parata militare del 2 giugno, i due scrittori hanno gridato al fascismo per presunti saluti romani e omaggi alla X Flottiglia Mas da parte dei militari del Comando Raggruppamento Subacquei e Incursori “Teseo Tesei”. Dalla Marina Militare e dalla Difesa sono arrivate subito le smentite: il braccio alzato durante la marcia è per ‘l’attenti a sinist’, che è il saluto alla tribuna autorità; il grido “Decimà” è il motto del Gruppo operativo incursori del Comsubin e non c’entra con la X Mas della Repubblica Sociale. Saviano e Murgia si sono corretti, ma la figuraccia ormai era fatta. E quando un influencer di area fa una figuraccia simile, chi ne guadagna è la forza accusata ingiustamente (le destre in odor di fascismo), mentre chi ci perde è non il solo Pd (che in fin dei conti merita di cadere in disgrazia), ma tutto l’antifascismo. Quindi Saviano e Murgia hanno di nuovo concesso un gol a forza vuota ad afascisti e fascisti. Indebolendo l’antifascismo di cui pure io faccio parte. Un errore, voglio sperare in buona fede, da imbecilli.

Il metodo migliore per sconfiggere un avversario è silenziarlo, fare come se non esistesse. Cosa che Pd e Repubblica riservano a ogni forza politica che prova a proporsi alla sua sinistra. Sempre. Senza l’uso di manganelli, ma con una dolce censura: un fascismo arcobaleno. Di contro, è risaputo che la demonizzazione favorisce il presunto avversario. Quindi, dopo aver demonizzato e favorito Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, adesso è la volta di Giorgia Meloni. Li si demonizza per mostrarsi come unica alternativa. Così si compatta il proprio elettorato (sempre più esiguo in termini di voti reali) e si legittima il l’avversario. Quest’ultimo è ben lieto di essere demonizzato e ricambia contrattaccando. Così gli esponenti della destra si divertono a parlare di Partito Ztl, radical chic, etc. Curiosamente gli attacchi di esponenti della maggioranza e influencer di area sono quasi sempre contro il Pd, sui soli temi di cui il partito di Elly Schlein parla e cioè i diritti civili. Sono due mostri che si insultano per rafforzarsi a vicenda. Il gioco è chiaro. Chissà perché, gli attacchi al Movimento 5 Stelle, salvo rari casi, sono spariti dalla scena.

Usare a sproposito l’antifascismo, oltre a favorire chi antifascista non è, distoglie l’attenzione su reali problematiche che da decenni il nostro Paese si porta appresso. Per esempio l’alto tasso di ideologia fascista o afascista tra i militari delle nostre Forze Armate. Sono troppe le ingiustizie che uomini e donne in divisa, stipendiati grazie alle tasse di tutti i lavoratori italiani, riservano ai soggetti più fragili (tossici, piccoli criminali, stranieri irregolari e senzatetto). I vigliacchi pestaggi da parte di agenti della Polizia di Stato a Verona ne sono il triste esempio.

Non ci si può fidare del Partito Democratico e di tutti i suoi tentacoli, siano essi giornali ormai decaduti come Repubblica o scrittori prezzolati come i due citati sopra. Parlano quasi esclusivamente di “rischio fascismo”, mentre il governo Meloni sta massacrando i giovani lavoratori, rafforzando i contratti a tempo determinato (per la gioia di Confindustria) e ripristinando i voucher.

Abbiamo a che fare con una destra che di fronte al calo demografico non aiuta i giovani ad avere la stabilità necessaria per metter su famiglia. Al tempo stesso fatica a considerare italiani i figli degli stranieri nati e cresciuti nel nostro Paese (a volte persino i figli dei matrimoni misti, italiani fin dal concepimento).

Il Pd e Repubblica hanno poco da dire su tante politiche antisociali dell’attuale esecutivo.; nonostante anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbiano lanciato moniti sul pericolo di una precarietà eccessiva. Come ha spiegato bene Rinaldo Gianola su TPI, “il successo della precarietà oggi non si spiega senza la crisi globale del 2008, che ha accelerato la trasformazione del diritto del lavoro subordinando le garanzie dei lavoratori agli interessi dell’impresa. In Italia la svolta reazionaria s’è compiuta con le politiche del ministro Fornero (Governo Monti), poi con Matteo Renzi e le martellate allo Statuto dei Lavoratori. Ora tocca a Meloni proseguire l’opera”.

Giorgia Meloni sulla distruzione dello Stato Sociale sta proseguendo l’opera nefasta iniziata negli anni novanta, che ha avuto i suoi culmini con i governi Monti (appoggiato anche dal Pd) e Renzi (all’epoca segretario del Pd). Chi urla al fascismo o vuole distogliere l’attenzione dalle malefatte della sua parte politica o fa il gioco della stessa destra.

Il Pd è in crisi, l’elezione a sorpresa della nuova segretaria Elly Schlein non ha migliorato la sua situazione. Il Partito Democratico resta poco sotto il 20% secondo i principali sondaggi, votato principalmente da pensionati (nostalgici del vecchio PCI o della sinistra democristiana), ceto medio impiegatizio (soprattutto nelle grandi città) e qualche giovane che non vede alternative alle destre (e in questo gli influencer di area come Saviano e Murgia giocano un importante ruolo nell’orientare i loro voti). Repubblica viene letta principalmente dai pensionati che votano Pd, mentre il suo sito è visitato da una platea più vasta e non per forza vicina ai dem.

Il fascismo (cone Fasci d’azione rivoluzionaria e poi Fasci italiani di combattimento) nasce in città e non in campagna. Fin dai primi vagiti alla fine del primo conflitto mondiale, in un’Europa colpita dalla pandemia influenzale spagnola, Mussolini trova i primi supporter tra impiegati delle città, studenti universitari e borghesia rampante (a partire dagli industriali che gli finanziarono il giornale Il Popolo d’Italia per orientare l’opinione pubblica a favore dell’ingresso dell’Italia nel conflitto). Anche tra i reduci di guerra, come ha ben documentato lo storico Renzo De Felice, sono gli ufficiali di rango inferiore (tenenti, capitani) quelli che si avvicinano maggiormente al movimento fondato da Mussolini. Non contadini delle campagne e operai del Triangolo Industriale, che in guerra erano stati soldati semplici e nemmeno gli aristocratici colonnelli e generali. Non è un caso che una delle terre fortemente ostile al fascismo sia stata la Brianza, roccaforte cattolica e socialista. Lo stesso Popolo d’Italia era letto nei caffè delle principali città del Centro-Nord da quello che allora era definibile come ceto medio.

Oggi il Pd è votato dagli eredi di quelli che cent’anni fa aderirono al fascismo. E anche i lettori di Repubblica hanno punti in comune con quelli de Il Popolo d’Italia. Un punto in comune tra gli allora aderenti al fascismo e gli elettori del Pd è quello di sentirsi superiori a chi non la pensa come loro. Molti fascisti della prima ora erano convinti di aver dato in guerra un contributo maggiore rispetto agli altri, specie quelli vicini alle forze socialiste, cattoliche e liberal-democratici, per loro intrisi di disfattismo. Oggi molti simpatizzanti democratici si ritengono superiori a chi vota destra o Movimento 5 Stelle. Non ci sono più i metodi violenti degli squadristi, ma c’è una propaganda “arcobaleno” che gioca a demonizzare l’avversario (e quindi a rafforzarlo) e a nascondere una genuina propaganda “rossa” che è indispensabile più che mai oggi, per difendere i diritti sociali che ancora non sono stati annientati.

Oggi il Partito Democratico ricorda quello che era cento anni fa il Partito Nazionale Fascista, o quantomeno è la forza politica che ne ha ereditato la base sociale. Repubblica ha un pubblico sovrapponibile a quello che cento anni fa leggeva Il Popolo d’Italia (con un’età media decisamente più alta, ma questo è un dato che accomuna tutta la stampa cartacea). I post di Saviano e Murgia ricalcano la propaganda che si poteva leggere negli articoli e nei saggi di Enrico Corradini e Giuseppe Bottai.

Il fascismo nasce come soluzione temporanea al pericolo di una rivoluzione rossa, finanziato dai capitalisti agrari e dell’industria pesante. Oggi il principale giornale di area Pd, Repubblica, è in mano alla famiglia Elkann-Agnelli, la stessa che cento anni fa fu tra quelle che supportarono l’ascesa di Mussolini. Si definiscono democratici e usano spesso a sproposito il termine fascista. Studiandoli bene, viene fuori che c’è tanto fascismo anche nel loro DNA.

Leonardo Marzorati, segretario regionale Lombardia Risorgimento Socialista

2 pensieri su “Pd e Repubblica eredi di Pnf e Popolo d’Italia

    • Purtroppo non ho una risposta, soprattutto credo mancano i mezzi per unire tanti soggetti che si definiscono di sinistra e ostili all’eurismo piddino. Potrebbe nascere un bel soggetto, credo.

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