Educare al socialismo

Educare al socialismo deve essere uno degli obiettivi primari delle forze popolari e democratiche che si battono per esso. Il socialismo è il fine e la propaganda è il mezzo. Scrivo di un’impresa titanica, ardua e ai limiti dell’impossibilità, in una società ormai piegata al consumismo, all’apparenza e all’individualismo.

Credere nel socialismo oggi non significa essere settari. Lo si può anche essere, ma avere un ideale che verrà inevitabilmente bollato come anacronistico dalle forze ora maggioritarie, sia di destra sia di sinistra, non vuol dire chiudersi in uno stanzino a dibattere, autocompiacendosi, di massimi sistemi. Educare al socialismo vuol dire informare ed elevare il cittadino alla lotta per una società migliore in cui le diseguaglianze, in primis quelle sociali, ma anche quelle culturali, quelle economiche e perfino quelle biologiche, siano radicalmente ridotte.

Il socialismo è il superamento dello sfruttamento, che divide la società contemporanea in tanti livelli di sfruttatori e in tanti livelli di sfruttati. Come cantavano i 99 Posse, il nemico è passato dall’essere il padrone e il Capitale al più povero e così all’infinito. Proprio per questo occorre EDUCARE.

Farsi sentire nei luoghi dove lo scontro sociale è in atto, specie se tra due categorie di “sfruttati” è fondamentale, anche a costo di beccarsi incomprensioni, insulti e perfino minacce.

Non molto tempo fa, Mario Lavia, esponente del PD romano, insultò tramite social i cittadini scesi in piazza per dire NO alla presenza di 70 rom in uno stabile del quartiere, prestando così il fianco alle peggiori destre, pronte a indicare lo snob di sinistra che odia il popolo descritto come ignorante e razzista. I socialisti devono ascoltare e provare a dare risposte. Che possono non piacere a tutti. Davanti al degrado sociale e culturale non ci si deve chiudere nella propria “bolla”, convinti della propria superiorità culturale di fronte alla “feccia” (romana o rom che sia). Si deve educare o rieducare al socialismo. Tutti, ed è qui la montagna da scalare.

Vanno rieducati i rom alla civile convivenza (sono cittadini italiani o europei e come tali sono spettanti di diritti e doveri); vanno rieducati quei cittadini che hanno sfogato la loro frustrazione di abitanti delle periferie abbandonate; vanno rieducati i fascisti, come sperimentato in diversi regimi di socialismo reale nel corso della storia; vanno rieducati i progressisti che preferiscono giudicare a debita distanza, convinti di essere dalla parte del Bene. Il loro “Bene” è quello che ha governato l’Italia, le sue Regioni e sue Città; quello che ha permesso a diverse periferie di trasformarsi in quartieri dormitorio, senza strutture culturali, senza socialità e comunitarismo.

Non ci si deve rassegnare. Ci vorranno parecchi anni, ma è indispensabile che chi lotta per il bene comune, per l’uguaglianza e per l’abbattimento degli steccati economico-sociali si impegni a sostenere quelle poche forze politiche sinceramente schierate in questa battaglia. Ascoltare, capire e proporre soluzioni, combattendo al tempo stesso le forze avverse al socialismo.

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